La pena di morte in Italia esiste? ecco la storia prima dell’abolizione

La pena di morte in Italia è stata mantenuta in vigore fino al 1889, presente all’interno del codice penale civile e successivamente reintrodotta dal 1926 al 1947 sotto il regime del Fascismo, attiva fino al 1994 all’interno del codice penale militare di guerra.
Regolamentazioni sulla pena di morte in vigore fino all’unificazione d’Italia
Fino al periodo storico risalente all’unificazione d’Italia, avvenuta nel 1861, la quasi totalità degli Stati preunitari integrava la pena di morte all’interno delle proprie legislazioni, fatta eccezione per il Granducato di Toscana. Ad essere esteso a tutti gli Stati, tranne che per la situazione legislativa del Granducato di Toscana, fu il codice penale del Regno di Sardegna.
La pena di morte fu abolita nel 1889 all’interno del Regno d’Italia sotto l’approvazione di entrambe le Camere, promuovendo un nuovo codice penale sotto il ministero di Giuseppe Zanardelli. Di fatto la pena di morte si era avviata verso la sua abolizione un anno prima, nel 1887, in riferimento all’amnistia generale di Umberto I di Savoia, sancita dal Decreto di amnistia del 18 gennaio 1878. Tra gli ultimi condannati alla pena di morte si ricorda l’attentatore alla vita del re Giovanni Passannante nel 1879, sotto la commutazione della pena in ergastolo.
La pena di morte rimase tuttavia in vigore all’interno di specifici settori quali il codice penale militare, i codici penali coloniali, sotto applicazioni massicce durante il periodo del primo conflitto mondiale tra il 1915-1918 in conseguenza alla diserzione, contro soldati innocenti e contro il comportamento insubordinato.
Il periodo fascista e la reintroduzione della pena di morte
La pena di morte per i civili rientrò in vigore durante il periodo dell’ascesa del Fascismo, nel 1926, sotto l’opposizione di 12 Deputati e di 49 Senatori, sancita per legge da Benito Mussolini. Durante il regime Fascista si ricorda l’esecuzione del bracciante toscano di orientamento politico comunista, Michele Della Maggiora avvenuto nel 1928 tramite fucilazione. Nel 1931, ad aumentare il numero dei reati contro lo Stato, fu il Codice Rocco, reintroducendo la pena per diversi reati comuni.
La giurisdizione del Tribunale Speciale, dal 1931-1940, insieme alle Corti d’Assise comminarono ben 118 condanne a morte, delle quali 65 eseguite, mentre il Tribunale Speciale operante dal 1927 al 1943 ne sancì altre 65, delle quali 53 eseguite. Durante l’intero conflitto civile combattuto tra resistenza e nazifascisti la pena di morte venne utilizzata da entrambi gli schieramenti, comprese le esecuzioni sommarie, fino ad arrivare all’esecuzione dell’ex dittatore Benito Mussolini ne 1945, immediatamente in seguito al termine della Seconda Guerra Mondiale.
A seguito della caduta del Fascismo il 10 agosto del 1944 Umberto di Savoia decise di abolire la pena di morte, mantenuta in vigore fino al 27 luglio dello stesso anno per reati fascisti e le collaborazioni strette con il regime. Nell’immediato dopoguerra la pena di morte rimase attiva fino al 10 maggio del 1945, in qualità di misura temporanea eccezionale per alcuni reati gravi quali rapine, sequestro di persone, estorsione, organizzazione di bande armate. Ad abrogare la pena di morte su in seguito la Costituzione Repubblicana nel 1948. Le ultime condanne vennero applicate per gli autori della strage di Villarbasse, sotto un’ultima esecuzione eseguita il 5 marzo del 1947 alle porte della città di La Spezia, presso Forte Bastia, nei confronti di Aurelio Gallo, di Udine, il capo del “servizio investigativo autonomo”, l’ex capitano della G.N.R. questore ausiliario della Spezia, Emilio Battisti, di Trento, l’ex maresciallo della G.N.R. Aldo Morelli.
La disciplina odierna
La disciplina attuale italiana ha abrogato la pena di morte sulla base di quanto stabilito dalla Costituzione italiana, approvata dall’Assemblea Costituente il 22 dicembre de 1947, sotto l’effettiva entrata in vigore al 1 gennaio 1948, attuata sotto i decreti legislativi 22 gennaio 1948, n. 21 e n. 22. Il paese italiano ha successivamente ratificato il protocollo n. 13 durante la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, abrogando il reato della pena di morte in qualsiasi circostanza sotto l’ulteriore sottoscrizione a Vilnius il 3 maggio 2002.