Fabbriche lager cinesi: esistono davvero? come funzionano?
Le fabbriche lager cinesi hanno assunto una particolare rilevanza mediatica soprattutto nel corso degli ultimi anni, dimostrandosi un esempio di sfruttamento professionale e violazione dei diritti umani dei dipendenti. Sulla vicenda si sono concentrati diversi rapporti tra cui quello redatto dalla Ong China labor Watch, descrivendo le condizioni di vita all’interno di stabilimenti produttori per grandi marchi e brand leader all’interno del panorama mondiale.
La realtà dello sfruttamento lavorativo e la strutturazione delle fabbriche lager
Le fabbriche lager in Cina sono risultate un fenomeno in continua espansione e crescita ai danni dello sfruttamento delle condizioni di vita dei lavoratori, sotto l’impossibilità del godimento dei diritti umani. I rapporti stilati in merito alla realtà cinese ha portato alla luce un numero di ore di straordinario imposte superanti il limite consentito dalla legislazione cinese di ben tre volte, arrivando a circa 100 ore di straordinario per ciascun dipendente ogni mese sotto retribuzioni insufficienti e luoghi di impiego a rischio per la salute.
Tali condizioni disumane sono state registrate all’interno delle fabbriche cinesi di giocattoli, riportate all’interno della raccolta dati fornita dall’Ong China labor Watch, tramite indagini condotto sotto copertura da parte dell’investigazione americana. Le prove fotografiche raccolte hanno coinvolto ben quattro diversi stabilimenti impiegati presso multinazionali leader in tutto il mondo a produzione di giocattoli per bambini quali Mattel, Disney, Fisher-Price e persino McDonald’s.
Le regolamentazioni salariali dello stabilimento Foshan Nanhai Diecast Company, all’interno del quale vengono realizzati il trenino Thomas per la Fisher-Price; i Guardiani della Galassia della Hasbro; le macchinine Hot Wheels per l’azienda Mattel, prevedono uno stipendio pari a soli 214,00 euro, compresa l’enormità delle ore di straordinario, le detrazioni e le indennità, registrando un fisso salariale cinese medio pari a 840,00 euro in diverse altre città. Diversi dipendenti si ritroverebbero inoltre a stretto contatto, senza alcuna norma di sicurezza applicata, con la pericolosa sostanza chimica acetato di isoamile, chiamata anche olio di banana, impiegata per ammorbidire e permettere lo scioglimento di materiali quali la plastica.
Inalata in grandi quantità tale sostanza risulta in grado di provocare vertigini e in casi più gravi la morte del soggetto esposto, presentando una profumazione sgradevole. Le medesime condizioni vengono applicate anche all’interno della fabbrica di Chang’an, dove vengono prodotte le famose Barbie per la Mattel, sotto un salario pari a 1,20 euro all’ora per 4.200 dipendenti, un salario minimo pari a 220,00 euro e uno massimo fissato a 396,00 euro mensili. All’interno dello stabilimento Combine Will, a Dongguang, dove vengono realizzati i giocattoli destinati alle catene McDonald’s i 2.700 dipendenti vivono condizioni precarie del tutto analoghe, allo stesso modo delle fabbriche produttrici di materiale per bambini della Disney.
Li Qiang, il direttore esecutivo dell’ong che si batte per i diritti sul lavoro, ha sottolineato la gravità delle condizioni di vita precarie dei nuovi ‘schivi dipendenti cinesi’, muovendo accuse trattate dall’ICTI, l’International Council of Toy Industries, sotto l’incarico della promozione dei diritti professionali di sicurezza internazionali all’interno della produzione dei giocattoli. Diverse multinazionali hanno promesso di varare maggiori controlli, aumentando gli standard degli ambienti di lavoro in favore della salvaguardia della salute dei dipendenti.